In apertura della rassegna #NoViolenceWeeks (IV Edizione), dedicata alla violenza sulle donne nella ricerca di una professione o nell’esercizio dell’attività lavorativa, desideriamo fare una doverosa premessa.
Esiste un fenomeno di violenza che si dipana nei luoghi professionali, pubblici e privati/ dipendenti o autonomi, che
– trasversalmente potrebbe riguardare tutti i generi; – potrebbe comportare una compromissione del normale funzionamento della persona, connessa a problematiche lavorative.
Le motivazioni alla base di tale violenza possono dipendere da fattori molteplici e differenziati, che esulano dalla nostra trattazione.
Quella su cui abbiamo deciso di concentrarci, in questa edizione, è l’insieme di intimidazioni, attacchi, persecuzioni, minacce all’incolumità psicofisica, abusi che
– riguarda le donne, al momento della formazione e del loro ingresso del mondo del lavoro; durante la propria carriera di libere professioniste o impiegate; nel loro ruolo di madri e non; rispetto alla propria indipendenza economica e salariale.
– è sostenuto e giustificato da stereotipi di genere, discriminatori e vessatori (frutto di una cultura patriarcale) nei confronti delle donne, che sono rappresentate come inferiori e/o non altezza dei ruoli professionali ricoperti da uomini.
“E’ patriarcato quel fenomeno culturale che, mentre insegna un rigido binarismo di genere per il quale sarebbero «naturali» solo gli uomini e le donne eterosessuali, costruisce i ruoli sociali adatti a questi due unici attori, escludendo ogni possibile diversità. Tale costruzione prevede la subordinazione della donna- meno dotata sempre per «natura»- a compiti secondari, ancillari, marginali in modo che sia esclusa, per sue stesse caratteristiche, dalla gestione politica della vita sociale come da quella privata” (Gasparrini L., “Diventare uomini. Relazioni maschili senza oppressioni”, Edizione Settenove).
LA CONVENZIONE ILO n.190/2019.
La Convenzione ILO SULL’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA E DELLE MOLESTIE NEL MONDO DEL LAVORO stabilisce, nell’Articolo 1, che
a) l’espressione “violenza e molestie” nel mondo del lavoro indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere;
b) l’espressione “violenza e molestie di genere” indica la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali.
Articolo 2:
La presente Convenzione protegge i lavoratori e altri soggetti nel mondo del lavoro, ivi compresi le lavoratrici e i lavoratori come definiti dalle pratiche e dal diritto nazionale, oltre a persone che lavorino indipendentemente dallo status contrattuale, le persone in formazione, inclusi tirocinanti e apprendisti, le lavoratrici e i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego o candidate a un lavoro, e individui che esercitino l’autorità, i doveri e le responsabilità di datrice o datore di lavoro.
Il testo della Convenzione indica, agli Stati che la sottoscrivono e la ratificano, la necessità di buone prassi preventive e di promozione della salute psicofisica di lavoratrici/lavoratori; di formazione e informazione; di attività di monitoraggio ed ispezione; dell’istituzione di misure sanzionatorie e risarcitorie.
Si legge:
le molestie e la violenza di genere colpiscono
sproporzionatamente donne e ragazze […]
Un approccio
inclusivo, integrato e in una prospettiva di genere, che intervenga sulle
cause all’origine e sui fattori di rischio, ivi compresi stereotipi di genere,
forme di discriminazione multiple e interconnesse e squilibri nei rapporti
di potere dovuti al genere, si rivela essenziale per porre fine alla violenza
e alle molestie nel mondo del lavoro.
Molto significativo, infine, il riferimento ad un dialogo aperto tra luoghi di lavoro e vita privata, per le lavoratrici vittime di violenza familiare:
[…] la violenza domestica possa avere ripercussioni
sull’occupazione, la produttività e la salute e sicurezza e che i governi, le
organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati, e le istituzioni del mercato
del lavoro possano adoperarsi, nel quadro di altre misure, al fine di
identificare, reagire e intervenire sulle conseguenze della violenza
domestica.
QUALI FORME?
La violenza e le molestie sul lavoro possono essere
- fisiche (aggressioni, maltrattamenti);
- psicologiche (svalutazione ed isolamento della vittima, mobbing, calunnie e denigrazione);
- sessuali (abusi, esibizione e condivisione di materiale privato, umiliazione e volgarità).
I comportamenti violenti si possono manifestare tra colleghi, tra superiori e subordinati o da parte di terzi (clienti/pazienti).
Il luogo di lavoro diventa una minaccia costante che può compromettere profondamente la salute psicofisica ed il funzionamento personale, familiare, relazionale della vittima. Ulteriori conseguenze di processi di molestie lavorative sono rappresentati da – declassamenti e impossibilità di avanzamenti di carriera; – licenziamento o dimissioni; – problematiche economiche.
Le donne sono vittime di violenza spesso ancor prima di iniziare la propria carriera: ci riferiamo a forme di discriminazione, stereotipi e attacchi fisici alle donne durante il loro percorso di studi e formativo. Esistono infine professioni nelle quali l’accesso alle donne è fortemente osteggiato, solo sulla base di pregiudizi di genere discutibili e criticabili. Vedremo tutto nel corso della presente edizione delle #NoViolenceWeeeks.
Se stai subendo o hai subito una forma di violenza in ambito lavorativo e senti la necessità/urgenza di confronto /supporto clinico, questi i nostri contatti:
324.6236453
associazionearca2014@gmail.com
Arca.
Per consultare la Convenzione: