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Una forma di controllo sulla donna: la violenza economica- parte 1.

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In occasione della IV edizione delle #NoViolenceWeeks, Arca ci parla del fenomeno della violenza economica, attraverso le parole della avvocata dell’associazione, Mariangela Zito.

La violenza economica rappresenta una delle forme di abuso contro le donne più subdole e meno visibili. Si concretizza nel controllo sulle risorse finanziarie, nel limitare l’accesso ai conti bancari o ai redditi familiari, e persino nel porre ostacoli alla possibilità di trovare o mantenere un’occupazione. Questi comportamenti generano una forte dipendenza economica, rendendo le donne più vulnerabili e spesso impossibilitate a sottrarsi a relazioni abusive.

Per affrontare questa criticità, in Italia sono state introdotte diverse misure di sostegno economico per promuovere l’indipendenza e l’autonomia delle vittime.

Di seguito, una panoramica delle principali tutele economiche attualmente disponibili, inclusa l’innovativa misura del Reddito di Libertà, con i più recenti aggiornamenti sui suoi sviluppi.

Le principali tutele economiche per le vittime di violenza

Le tutele economiche per le donne vittime di violenza in Italia sono state integrate nella normativa, attraverso disposizioni mirate sia in ambito lavorativo che assistenziale. Questi strumenti riconoscono il diritto di protezione economica e il supporto per costruire percorsi di autonomia finanziaria, per facilitare l’uscita da contesti violenti e garantire una base economica essenziale.

Congedo retribuito per le lavoratrici dipendenti

Una delle tutele principali è il diritto delle lavoratrici dipendenti (sia del settore pubblico che privato) vittime di violenza di genere, e inserite in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali o dai centri antiviolenza, di accedere a un congedo retribuito per un massimo di tre mesi. Il congedo consente di avviare un percorso certificato di protezione, e la retribuzione percepita durante questo periodo è pari all’ultima mensilità ricevuta. Il congedo può essere utilizzato anche in modalità oraria, offrendo così alle vittime la massima flessibilità. Durante questo periodo, possono assentarsi dal lavoro senza perdere la retribuzione e mantenendo il diritto alla contribuzione. La misura è prevista dall’art. 24 del D. Lgs. n. 80/2015 e si applica anche alle lavoratrici con contratto a termine.

Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time

Un’altra misura prevista è la possibilità per le lavoratrici di trasformare il loro rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, qualora ci siano disponibilità in organico. Tale strumento mira a garantire un equilibrio tra vita lavorativa e privata, consentendo alla donna di avere il tempo necessario per affrontare i percorsi di supporto e protezione senza rinunciare al reddito.

Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno

Nel caso in cui una donna vittima di violenza non riceva l’assegno di mantenimento dal coniuge, può accedere al Fondo di solidarietà per il coniuge in stato di bisogno. Il fondo, istituito con la Legge n. 206 del 2016, garantisce un supporto economico temporaneo per le donne che non dispongono di risorse sufficienti per mantenere sé stesse e i propri figli, contribuendo così a evitare situazioni di grave povertà e vulnerabilità.

Sgravi contributivi per l’assunzione di donne vittime di violenza

Per incentivare l’inclusione lavorativa delle donne che si trovano in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, la legge prevede sgravi contributivi per i datori di lavoro che assumano a tempo indeterminato donne vittime di violenza. L’incentivo mira a facilitare la stabilità economica attraverso l’occupazione, offrendo alle vittime un’opportunità concreta di ricostruire la propria autonomia.

Le tutele economiche per le lavoratrici autonome

Le tutele economiche previste per le lavoratrici autonome rimangono limitate rispetto a quelle previste per le lavoratrici dipendenti. Alcune iniziative di supporto economico e di microcredito possono offrire una base per avviare percorsi di autonomia finanziaria. È il caso del cosiddetto Microcredito di libertà, un programma istituito dal Dipartimento delle Pari Opportunità che permette alle donne vittime di violenza di accedere a micro-finanziamenti garantiti al 100% da un Fondo di Garanzia dedicato.

Il Reddito di Libertà come misura specifica di supporto economico

Una delle novità più rilevanti introdotte negli ultimi anni è il Reddito di Libertà, un sussidio mensile istituito con un decreto del dicembre 2020, nel contesto della pandemia di Covid-19. Questa misura è stata pensata per garantire alle donne vittime di violenza un supporto economico diretto, che permetta loro di affrontare le prime fasi di un percorso di autonomia. Il Reddito di Libertà consiste in un contributo di 400 euro mensili, erogabile per un massimo di 12 mesi. La richiesta per accedere al Reddito di Libertà va presentata all’INPS, con il supporto di un centro antiviolenza, che certifichi l’effettivo percorso di uscita dalla violenza e lo stato di necessità della vittima. La misura è rivolta non solo alle donne con figli minori, ma anche a tutte coloro che, pur non avendo prole, si trovano in condizioni di necessità e abbiano bisogno di un aiuto per iniziare una vita indipendente e sicura.

Novità e sviluppi futuri: la Legge di Bilancio 2024

Nonostante la crescente richiesta di accesso al fondo per il Reddito di Libertà, le risorse finora stanziate si sono rivelate insufficienti a soddisfare tutte le domande. Per queste ragioni, la Legge di Bilancio 2024 ha riconfermato il finanziamento del Reddito di Libertà con lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026, e di 6 milioni di euro annui a partire dal 2027. L’obiettivo del governo sembrerebbe quello di rendere il Reddito di Libertà uno strumento strutturale per le donne vittime di violenza, unendo così un supporto immediato a misure di lungo periodo che facilitino il reinserimento sociale e lavorativo. In parallelo, la nuova Legge di Bilancio 2025 potrebbe introdurre ulteriori strumenti finanziari e agevolazioni fiscali per le donne vittime di violenza, rafforzando il ruolo dei centri antiviolenza e creando reti di protezione più solide e coordinate. Inoltre, si prevederebbe lo stanziamento di 3 milioni di euro annui, a partire dal 2025, per rendere permanenti le iniziative formative rivolte agli operatori di polizia e ad altre professionalità coinvolte nel contrasto alla violenza di genere, migliorando così la capacità di intervento e supporto alle vittime.

In conclusione, la violenza economica priva molte donne della possibilità di emanciparsi e di sfuggire a situazioni abusive. Misure come il Reddito di Libertà, il congedo retribuito e gli sgravi per l’assunzione, rappresentano passi cruciali verso l’autonomia economica delle vittime. Tuttavia, per garantire un supporto efficace e duraturo, è fondamentale continuare a rafforzare le risorse disponibili e promuovere una cultura che renda prioritarie la prevenzione e l’indipendenza economica delle donne.

Avvocata Mariangela Zito, Arca.

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